Queste pagine nascondono una speranza; la speranza dell’autore di aver portato, dopo non pochi anni di studio, un contributo alla chiarificazione del pensiero agostiniano su un argomento tanto importante e pur tanto difficile. Se ha raggiunto lo scopo lo dirĂ il lettore.
Grazia e libertĂ sono un binomio ad alto rischio; il rischio di trasformarsi, a causa d’una imprudente e fatale scelta, in un dilemma: o la libertĂ senza la grazia o la grazia senza la libertĂ . La scelta semplifica il problema ma è, ho detto, fatale, perchĂ© deforma un insegnamento che consiste essenzialmente nella sintesi. Tale fu appunto quello del vescovo d’Ippona. Egli è il pensatore della sintesi, delle grandi sintesi, in questo argomento come in tanti altri – Dio e l’uomo, per esempio, Cristo e la Chiesa, amore e timore, ecc. -. Trasformare i suoi binomi in dilemmi significa condannarsi a non capirlo. Non bisogna scegliere, ma studiarlo, per capirlo, in quel profondo – nel caso nostro nel profondo dell’uomo -, dove s’incontrano le veritĂ che sembrano contrarie.
LibertĂ e grazia. Agostino ha difeso la grazia – necessitĂ efficacia gratuitĂ – ma anche la libertĂ ; ha difeso la libertĂ ma anche la grazia. L’insegnamento costante e la raccomandazione pressante del vescovo d’Ippona è che i due termini – libertĂ e grazia – siano tenuti fermi insieme, anche quando non se ne comprenda l’armonia profonda. Basta in questo caso riferirsi a Cristo che è insieme Salvatore e Giudice. Ora come può essere Salvatore se si nega la grazia? E come può essere Giudice se si nega la libertĂ ? Essa è necessaria per essere responsabili dei propri atti ed acquisire il merito. Ed ecco una distinzione preziosa – che molti non sanno (o dimenticano) che Agostino abbia fatto -: la distinzione tra la libertĂ necessaria per acquistare il merito e la libertĂ per possedere il premio: la prima esige che si ponga un atto – è Agostino stesso che spiega – con il potere di non porlo, la seconda no, perchĂ© ha raggiunto la perfezione, possiede quindi la “beata necessitĂ ” di non venir mai meno dall’amore del bene: il poter peccare non è una prerogativa della libertĂ .
Posti al sicuro questi cardini dommatici intorno alla libertĂ di scelta, il nostro dottore spazia ampiamente e con gioia nei vasti campi della libertĂ cristiana. Anzitutto egli osserva che la libertà è tanto cara che affascina l’animo dell’uomo, lo attrae, lo avvince. Libertas delectat!, esclama, ed aggiunge: delectet te, et liber es: ti diletti la vera libertĂ e sarai libero. La vera: volere il male è libertĂ falsa o segno di libertĂ , ma come la malattia è segno della salute. […]