Il 10 settembre 2013 ricorre l’anniversario della morte di San Nicola da Tolentino scomparso nel 1305, venerato in modo particolare nella frazione di Corteglia.
Nicola da Tolentino fu un frate dell’Ordine di Sant’Agostino ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica che lo ha canonizzato nel 1446.
Nacque nel 1245 a Sant’Angelo in Pontano (vicino Macerata). Diocesi di Fermo. I suoi genitori, i cui nomi potrebbero essere Compagnone de Guarutti e Amata de Guidiani (ma i cognomi potrebbero semplicemente indicare i loro luoghi di nascita e forse la famiglia era quella dei Compagnoni[1]), erano gente pia. La leggenda della sua vita rappresentata da un ignoto pittore giottesco detto Maestro della Cappella di San Nicola, narra come i suoi genitori, ormai anziani, si fossero recati a Bari su consiglio di un angelo in pellegrinaggio alla tomba di san Nicola di Bari, per avere la grazia di un figlio. Ritornati a Sant’Angelo ebbero il figlio desiderato e, ritenendo di aver ricevuto la grazia richiesta, lo chiamarono Nicola.
Il giovane Nicola entrò nell’Ordine degli Eremitani di Sant’Agostino.
Si distinse a tal punto nei suoi studi che, prima che essi fossero compiuti, venne fatto canonico della chiesa di San Salvatore. Ascoltando una predica di un eremita agostiniano sulla frase latina Nolite diligere mundum, nec ea quae sunt in mundo, quia mundus transit et concupiscenzia ejus (“non amate il mondo, nĂ© le cose che sono del mondo, perchĂ© il mondo passa e passa la sua concupiscenza”), avvertì la chiamata alla vita religiosa. Implorò allora l’eremita di ammetterlo nel proprio ordine, e i suoi genitori acconsentirono con gioia.GiĂ prima della sua ordinazione venne mandato in diversi monasteri dell’ordine: Fermo, San Ginesio, Recanati, Macerata e altri, e i biografi mettono in evidenza che fu un modello di generoso impegno verso la perfezione.
Fece i voti solenni a meno di diciannove anni. Nel 1269 fu ordinato sacerdote da Benvenuto Scotivoli. Dopo la sua ordinazione, predicò soprattutto a Tolentino, dove fu trasferito intorno al 1275. Nel convento di Sant’Agostino di Tolentino rimase fino alla sua morte nel 1305. Trascorse gli ultimi 30 anni della sua vita, predicando quasi ogni giorno. Sebbene negli ultimi anni la malattia mise alla prova la sua sopportazione, continuò le sue mortificazioni quasi fino al momento della morte. I devoti ne ricordano la mitezza, l’ingenua semplicitĂ e la dedizione per la verginitĂ , che non tradì mai, custodendola con la preghiera e la mortificazione.“I panini benedetti sono un segno particolare della devozione a san Nicola, legati ad un episodio della sua vita. San Nicola, gravemente malato, ottenne la grazia della guarigione per intervento della Vergine Maria, che, apparsa in visione, gli aveva assicurato: «Chiedi in caritĂ , in nome di mio Figlio, un pane. Quando lo avrai ricevuto, tu lo mangerai dopo averlo intinto nellÂ’acqua, e grazie alla mia intercessione riacquisterai la salute». Il santo non esitò a mangiare il pane ricevuto in caritĂ da una donna di Tolentino, riacquistando così la salute.
Da quel giorno san Nicola prese a distribuire il pane benedetto ai malati che visitava, esortandoli a confidare nella protezione della Vergine Maria per ottenere la guarigione dalla malattia e la liberazione dal peccato.
La Chiesa ha approvato l’istituzione e l’uso dei Panini, prescrivendo un rito speciale per la loro benedizione, analogo a quello della benedizione delle palme, ma riservato all’Ordine Agostiniano.”
Molteplici sono i racconti entrati a fare parte della tradizione dei luoghi della giovinezza di Nicola, in particolare nel paese natale in cui tutt’oggi è radicata una forte devozione.Si racconta che, nel tragitto da Sant’Angelo a Tolentino, trovandosi a passare nella cittĂ di San Ginesio, imponendo le mani impedĂ il crollo di una parte della cinta muraria, che ancora oggi si conserva integra.
Sempre durante il tragitto verso il monastero, trovandosi in ritardo, impose le mani per fermare il sole fino a quando non fosse arrivato a destinazione (in modo simile a quanto accade a Giosuè; questa è anche una spiegazione alternativa per la raffigurazione del santo con il sole).Il ponte del diavolo di Tolentino è chiamato così in ricordo della leggenda secondo cui l’architetto Benevegna, in difficoltĂ durante la costruzione del ponte ( che veniva distrutto nottetempo dall’impetuositĂ del fiume Chienti ), stipulò un patto con il diavolo, il quale assicurò la realizzazione del ponte in una sola notte in cambio dell’anima del primo essere vivente che lo avesse attraversato. L’architetto, pentitosi del suo patto col diavolo, si rivolse disperato a San Nicola. Il santo escogitò uno stratagemma: a costruzione ultimata benedisse il ponte; poi, attese che si avvicinasse un cane e fece rotolare una forma di formaggio dall’altra parte del ponte, costringendo l’animale ad attraversarlo. Il diavolo, accecato d’ira, tentò invano di distruggere il ponte con una cornata, che sarebbe ancora visibile.
Durante la sua permanenza nel monastero di San Ginesio, San Nicola era solito portare del cibo ai mendicanti e, per non farlo sapere ai suoi superiori, nascondeva il pane nelle maniche della tunica. Venuti a sapere dell’espediente, i frati lo bloccarono chiedendogli cosa portasse. Il santo rispose: “petali di rose!” scrollando le maniche dalle quali uscirono petali di fiori. Durante il cammino, San Nicola era solito fermarsi a pregare in una zona di campagna nelle vicinanze di Sant’Angelo. In quel punto fece sgorgare un piccolo pozzo dal quale abbeverarsi. Le fontanelle di San Nicola, come vengono chiamate oggi, secondo la tradizione smettono di sgorgare se un animale si abbevera ad esse, fino a quando non vengono nuovamente benedette da un sacerdote.
fonte:wikipedia.org
Collegamenti esterni:
Profilo Storico di San Nicola – www.sannicoladatolentino.it
I panini Benedetti di San Nicola – www.sannicoladatolentino.it